“A lamparina a Maronna”

Da un’articolo di Carlo Boccia sul giornale torrese “Il Torrese” del 8 gennaio 2010:

“A lamparina a Maronna”

“Guaglio’ facimma a lampadina a Madonna” (Ragazzi facciamo un falò in onore
dell’Immacolata), così si sente dire fra i ragazzi della marina, ancora oggi che
siamo nel terzo millennio. Questa tradizione è nata dopo l’eruzione dell’8 dicembre
1861 quando la lava minacciava Torre del Greco. I torresi si rivolsero all’Immacolata
chiedendo la grazia e la ebbero. Fu così che la nostra città fu risparmiata da una
catastrofe e dalla lava. Quindi, per voto fatto e per ringraziamento, in ogni piazza o
slargo di Torre del Greco la sera del 7 dicembre si faceva la “lamparina”. Fu scelto
l’elemento fuoco perché è il simbolo di purificazione e di fede, da sempre usato dagli
uomini per ringraziare le divinità. Nei primi secoli di Roma, i collegi delle vestali
avevano l’incarico di conservare il fuoco, senza farlo mai spegnere. Adesso questa
tradizione è rimasta solo nelle zone più antiche di Torre, e già dal mese di settembre
– ottobre si raccoglie la legna da ardere, e per una legge tacita della comunità è compito
dei ragazzi; perché questi hanno energia, tempo libero, entusiasmo, spensieratezza
e vedono nella fiamma il loro ardore di gioventù e voglia di crescere. Il materiale
da ardere viene raccolto il pomeriggio dopo l’uscita dalla scuola, è nascosto nei
posti più impensati da bande di ragazzi dall’età di otto-quindici anni che girano per i
vicoli e strade a cercarla. Nasce così una gerarchia tra loro ed una rivalità e agonismo
tra ragazzi di altri quartieri, con lo scopo di chi fa una “lamparina” più grande e
che dura di più. Così la sera del 7 dicembre si compone una grande pira, fatta da vecchi
mobili, porte, ante di finestre e qualche tronco, io ricordo da piccolo, a largo Bandito,
che per avviare il fuoco della nostra “lamparina” si usavano delle fascine comprate
da “N’dulliniello” il fornaio al largo San Giuseppe alle Paludi (costavano 25
lire ognuna). Poi di sera dopo che i ragazzi erano andati a dormire (sì, perché allora
si andava a dormire presto, poi, con l’avvento della tv, dopo “Carosello tutti a
nanna”), gli adulti si intrattenevano volentieri intorno al tiepido calore della ormai
grande brace, e lì si incominciava a sentire la prima atmosfera natalizia e continuava
fino alle quattro del mattino, quando tutti infreddoliti andavano a sentire, come
succede ancora ora, la prima messa della giornata dell’8 dicembre, nella basilica di
Santa Croce. La chiesa è gremita di fedeli ed il grande carro votivo trionfa tra loro,
aspettando la sua uscita per le strade di Torre ed essere acclamato. Poi gli stessi
ragazzi, autori dei falò, al mattino seguono la processione del carro votivo, con altri
piccoli carri, costruiti da loro. Questo è un esempio di grande fede dei torresi verso
la Mamma degli uomini. Attualmente questi falò sono giustamente vietati dalle autorità,
il progresso ha cambiato il nostro modo di vivere e le nostri tradizioni, per le
strade ci sono automobili e traffico, strade asfaltate, tubi del gas ed impianti elettrici
nel sottosuolo. Ma, per non dimenticare questa bella tradizione, si potrebbero creare
dei posti adatti per questi falò, come fanno molti paesi di provincia, ed essere controllati
da persone competenti, perché quando una città o un paese perde le sue tradizioni,
perde l’anima.